I “caracciolini”

La nave asilo Caracciolo, che dal 1913 al 1928 fu la casa degli “scugnizzi”, grazie alla generosità e alla lungimiranza di Giulia Civita Franceschi, chiamata “la Montessori del mare”

il link al documentario di RAI Scuola

http://www.raiscuola.rai.it/articoli-programma-puntate/r-a-m-la-nave-asilo-caracciolo/22598/default.aspx

in her shoes – se fossi lei

le due poesie citate in questo bellissimo film

L’Arte di Perdere

di Elizabeth Bishop

L’arte di perdere non è difficile da imparare;
così tante cose sembrano pervase dall’intenzione
di essere perdute, che la loro perdita non è un disastro.

Perdi qualcosa ogni giorno. Accetta il turbamento
delle chiavi perdute, dell’ora sprecata.
L’arte di perdere non è difficile da imparare.

Poi pratica lo smarrimento sempre più, perdi in fretta:
luoghi, e nomi, e destinazioni verso cui volevi viaggiare.
Nessuna di queste cose causerà disastri.

Ho perduto l’orologio di mia madre.
E guarda! L’ultima, o la penultima, delle mie tre amate case.
L’arte di perdere non è difficile da imparare.

Ho perso due città, proprio graziose.
E, ancor di più, ho perso alcuni dei reami che possedevo, due fiumi, un continente.
Mi mancano, ma non è stato un disastro.

Ho perso persino te (la voce scherzosa, un gesto che ho amato).

Questa è la prova. E’ evidente,
l’arte di perdere non è difficile da imparare,
benché possa sembrare (scrivilo!) un vero disastro.



Il tuo cuore lo porto con me

di Edward Estlin Cummings

Il tuo cuore lo porto con me
Lo porto nel mio
Non me ne divido mai.
Dove vado io, vieni anche tu, mia amata;
qualsiasi cosa sia fatta da me,
la fai anche tu, mia cara.
Non temo il fato
perché il mio fato sei tu, mia dolce.
Non voglio il mondo, perché il mio,
il più bello, il più vero sei tu.
Questo è il nostro segreto profondo
radice di tutte le radici
germoglio di tutti i germogli
e cielo dei cieli
di un albero chiamato vita,
che cresce più alto
di quanto l’anima spera,
e la mente nasconde.,
Questa è la meraviglia che le stelle separa.
Il tuo cuore lo porto con me,
lo porto nel mio.

Crisi

Poesia di Fabrizio (affetto da disturbo bipolare)

Telefonata a “i Lunatici” di radio 2

novembre 2019

 

Io sono pazzo, io sono il pazzo del paese,

con i migliori non vado d’accordo

mi annoio a sentirli:

voci squillanti

mentre io parlo piano,

tranne quando urlo, fragore di cascate,

all’improvviso, urlo, perché sono il pazzo

e non importa se sono da solo,

mi piace stare da solo.

Pecore belano canzoni di Sanremo,

io urlo BLUES!!

e canto a voce piena le gesta dei pazzi come me

e alle volte mi fermo a mangiare …

e ascolto un vociare di pecore,

io, il pazzo, non capisco le parole,

sento solo il suono

e nelle notti fischio alle donne belle

e sfioro i loro gomiti sorridendo

perché a me, a me che sono pazzo, è permesso

Saluto sempre educatamente, quando entro, e mi presento:

“Buongiorno, scusate, sono il pazzo”

E i bambini mi sorridono, e i vecchi anche

Perché loro, vecchi e bambini, sanno cos’è pazzia

E uno di me che sono, in fondo, nient’altro che un povero cristo

Fra i ladroni di pensieri

E le belle maddalene a toccarmi, a baciarmi

E Giuda lo invito a bere e a mangiare perché sono pazzo

Sì io sono il pazzo, il pazzo del paese

Se vi do fastidio perché puzzo di vero,

non m’importa niente

E spesso ho dubbi, e mi fermo a pensare alla vita

E spesso ho dubbi e ci scrivo sopra poesie

E spesso ho dubbi, e ci faccio l’amore,

perché i pazzi sanno far bene all’amore

E’ l’amore che ci ha fatto diventare pazzi

Solo, solo l’amore

Ninna Nanna (Trilussa)

Ninna nanna, nanna ninna,
er pupetto vò la zinna,
dormi dormi, cocco bello,
se no chiamo Farfarello,
Farfarello e Gujermone
che se mette a pecorone
Gujermone e Cecco Peppe
che s’aregge co’ le zeppe:
 
co’ le zeppe de un impero
mezzo giallo e mezzo nero;
ninna nanna, pija sonno,
che se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno,
fra le spade e li fucili
de li popoli civili.
 
Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che comanna,
che se scanna e che s’ammazza
a vantaggio de la razza,
o a vantaggio de una fede,
per un Dio che nun se vede,
 
ma che serve da riparo
ar sovrano macellaro;
che quer covo d’assassini
che c’insanguina la tera
sa benone che la guera
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe li ladri de le borse.
 
Fa la ninna, cocco bello,
finché dura ‘sto macello,
fa la ninna, che domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima,
boni amichi come prima;
 
so’ cuggini, e fra parenti
nun se fanno complimenti!
Torneranno più cordiali
li rapporti personali
e, riuniti infra de loro,
senza l’ombra de un rimorso,
 
ce faranno un ber discorso
su la pace e sur lavoro
pe’ quer popolo cojone
risparmiato dar cannone.
Informazioni

Le barzellette ne “La scuola cattolica” di Edoardo Albinati

vita coniugale:

(…) quella del frate e della suora che, per ragioni che è inutile precisare, si ritrovano a passare la notte nello stesso letto. Buonanotte, buonanotte, e ognuno si gira dalla sua parte. Ma la suora sente freddo e allora il frate si alza e le va a prendere una coperta, gliela stende addosso. Dopo un po’ la suora si lamenta di nuovo: “Fratello, sto gelando…” e lui si alza e va a prendere un’altra coperta. ma lei non riesce a riscaldarsi. “Ho freddo , ho ancora freddo”, e lui gentilmente le porta un’ennesima coperta.

La suora non desiste ed avanza una nuova proposta, “Fratello, sento ancora un reddo terribile in questo letto…cosa dite, perché non facciamo come marito e moglie?”, e lui “Ah, vuoi fare come marito e moglie? E allora vattela a prendere  da sola, la coperta!”.

sesso:

(…) barzelletta del tipo che va dal dottore sostenendo di essere ermafrodita, “Ma come, ne è sicuro?” ribatte il medico, “faccia un po’ vedere…”, e dopo averlo esaminato o rassicura: “Guardi che lei è un maschio, perfettamente normale…”.

“Il fatto, dottore” insiste quello, disperato “è che la fica io ce l’ho qui!” – e si batte la mano sulla fronte

bottegaio ebreo:

(…) quella di Isacco, il bottegaio, che sul letto di morte, ormai quasi cieco, voleva i figli accanto a sé: “David sei qui?”. “Sì, padre, ci sono” “E tu Rebecca, ci sei? E Sarah e Myriam? E Daniele?” “Sì, padre, eccoci” E Beniamino? Dov’è il mio piccolo Beniamino?” “Sono qui anch’io, ti siamo vicini tutti.” “Ah si, siete tutti qui? E allora chi diavolo bada al negozio?!?”.

 

 

 

a mao e a luva – storia di un trafficante di libri

cineroma_15_672-458_resizeAnni fa, nella saletta semideserta della biblioteca della mia città, ad una proiezione che faceva parte del nostro piccolo (ma bello) festival del cinema, ho incontrato questo film. In realtà la pellicola ha fatto solo da tramite, è stata uno strumento per conoscere una persona straordinaria e il suo progetto, un mondo coloratissimo, vivace, pulsante, e tanto, tanto altro. Il film era stato presentato, pochi mesi prima, fuori concorso, alla festa del cinema di Roma del 2010 e in quella occasione era giunto in Italia Ricardo Gomez Ferraz (detto K Cal), il protagonista del film (e l’artefice di tutto ciò che è nato dal suo ingegno e dalla sua dedizione).

Fin da quando l’ho visto, ho auspicato che vi fosse uno spazio dove questo straordinario documento potesse essere condiviso.

Di recente ho scoperto che l’università telematica UNINETTUNO ha messo on line una “lezione speciale” tenuta da Roberto Orazi, il regista del film. In realtà la lezione consiste in una breve introduzione che precede il film nella versione integrale (l’introduzione dura 15min e 12 sec).

Nel film ci sono delle poesie di K Cal o dei suoi piccoli amici. Eccovene la trascrizione

Fanciullo senza nome
Il poeta sente il dolore degli altri
Felici sono le pietre
Il poeta vede oltre la realtà
Felici sono i ciechi
Il poeta sente il rumore del silenzio
Felici sono i sordi
Il poeta parla con le labbra dell’anima
Essere un poeta: uno dono o un Karma?
Ah, se fossi una pietra
Forse saprei la strada della felicità
Far scoppiare una bomba o salvare il mondo?
Preferisco essere la spugna dell’umanità

—-

La mareè
Amare è spazzatura
Merda, carogna
Creazione del creatore
Creature sottomesse
La mareè, luogo di miserabili
Per inerzia o mancanza d’opportunità
Latrina dell’umanità
La mareè accoglie e cresce
Il figlio ignorato che la uccide
Amare è fuggire dal fango
Luccicante come l’argento
La mareè cerca il fiume per liberarsi
Ma inevitabilmente
La mareè morirà

—-

Quasi tutte le cose che non servono, iniziano con P
Fermati per pensare
Per non perire
Preconcetto
Prostituzione
La previsione è già stata prevista
La pretesa non smette di crescere
E il povero immobile non smette di perdere
Il potere
Il pudore
E il vanto del pastore
Il panico e il palazzo
Che ti fanno sentire un pagliaccio

—-
Gatto fottuto
Per colpa della disumanità umana
Mio padre era un gatto
Mia madre era una gatta
Oggi sono un gatto nero
Perché sono nato all’alba
Dicono che porti sfortuna
E che voglio solo rubare
A causa di questo preconcetto
Tutti mi vogliono ammazzare
Tuttavia sono stato felice
Il tetto era il mio letto
Ma una faccia infelice
Mi gettò contro il muro
E per questo ho perso la memoria
Diventai cieco, sordo e muto
Se non fosse stato per i miei amici
Ora sarei all’altro mondo
Adesso sono un gatto pazzo
Adesso sono un gatto demente
Mischio vitamine e succo
Confondo formaggio con sapone

—-

Io vivo in un buco
Vicino allo scarico della nazione
Tra il nulla e la rivoluzione
Vedo con rabbia una
Rivoluzione che non c’è
Cercando una meta nell’oscurità
I miei amici desisterono
Ancora prima di tentare
Ma io vado avanti
Affinché
la barca non affondi
giovani distrutti
dalla decadenza
la miseria è dolore e
la fame genera violenza
non c’è differenza
tra droga e amore
entrambe danno piacere
allegria e dolore

—-
a mao e a luvale poesie dei ragazzi

il vento del mese di Agosto
getta le foglie in terra
solo non tocca il mio volto
perché sta nel mio cuore

—-
il colibrì
E’ il colibrì che bacia il fiore
O il fiore che bacia
Il colibrì?

—-

L’acqua viva quando muore
Diventa acqua morta
O solo acqua?

—-

Aveva tanti rammendi la calza di Raimondo
Che ci studiava sopra la geografia del mondo
Ma Raimondo cresceva, in compagnia dei libri
Comprò una calza nuova e la vecchia rimase con me
Io provai invidia perché Raimondo vinse
Non volli vedere la lucedei libri
Per questo il mio mondo rimase nel buio

—-
La pioggia è un mistero
Nessuno sa da dove viene
In un luogo piove di più
In un altro acqua non c’è
La pioggia è come una lacrima
Che a volte cade dal cielo
Per asciugare questa tristezza
Niente di meglio del vento
Se la pioggia cade, bagna la terra
Il mio petto si riscalda
Dona frutti e pane
E la natura fiorisce
Altre poesie

Sto rimediando i soldi per comprare un amore
L’amore che paghi è più economico
Evita gelosie, litigi e minacce
Non da soddisfazioni
Non si cura di niente
L’amore del bordello è puro e sincero
Loro non m’ingannano, vogliono solo i miei soldi
Posso godere come voglio
Finito con una ne posso scegliere un’altra

—-
Giochi da bambini

Gira la trottola
Mira il testone
Giochiamo al pallone
Col piede o con la mano
Palla da gonfiare
Palla di carta
Palla di pezza
Bolla di sapone
Macchina di latta
Cavallo a dondolo
Gioca a nascondino
Niente è meglio di questo
Non ho soldi
Né computer
Ma non sono triste
Usa l’immaginazione

  • – – –

Aggiungo alcuni riferimenti utili per seguire e sostenere l’opera di K Cal

Riferimenti:

Ricardo Gomez Ferraz (K cal)

http://bibliotecadaunicap.blogspot.it
https://www.facebook.com/LivrotecaBrincanteDoPina
Centro Comunitário de Integração Artística
Ponto de Leitura: Livroteca Brincante do Pina
Rua Oswaldo Machado, 232
Pina – Recife/PE.
CEP.: 51011-160