Non mi fido

Da quando sono al mondo – ed è già un bel pezzetto – il mio paese ha attraversato – dicono – un periodo di pace incontrastata. Il mio scetticismo sta nel fatto che in molti conflitti, il mio paese è intervenuto eccome, ed ha contato non poche vittime, ma dicono si trattasse di missioni di pace. Boh! Sta di fatto che sono diventato un vero esperto di guerre.

Ho iniziato da bambino guardando alla TV (in bianco e nero) i reportage dal viet-nam e proprio quando mi sembrava finalmente finita (nel frattempo ero diventato grandicello e la TV era a colori) ho dovuto capire che non si finisce mai: il conflitto Israelo-Palestinese, l’Irlanda,  le Falkland, la ex Jugoslavia, e poi l’Iran e l’Iraq e il Kuwait, la Somalia, l’Afghanistan. E questo solo per citare le situazioni più note, cui vanno aggiunte una miriade di piccole “crisi” (alcune delle quali durano anni e causano un sacco di vittime)  di cui stentiamo ad avere notizia, se non attraverso qualche libro del compianto Ryszard Kapuściński, o il blog di qualche coraggioso freelance. Ed è proprio questo il punto: le notizie dalle guerre.

Mi sono convinto che avere notizie dalle guerre mentre queste si svolgono sia divenuto praticamente impossibile, e questo per il semplice motivo che le parti in conflitto, compresa l’importanza dell’argomento, non solo hanno deciso di prenderlo sotto il loro diretto controllo, ma sono diventate così brave da usare le notizie come un’arma supplementare.

Una dimostrazione di ciò la stiamo avendo proprio in questi giorni in cui è esploso il conflitto in Libia che, iniziato come rivoluzione per liberarsi di un tiranno tra i più subdoli e ottusi, ha coinvolto molte potenze militari in una guerra dagli esiti ancora molto incerti.
Ebbene, con lo scoppio della guerra, anche le notizie hanno indossato l’elmetto. Sono iniziate le bugie, le reticenze, i tatticismi, la propaganda e la contropropaganda.

Non sappiamo i veri motivi per cui Francia, Stati Uniti e la stessa Italia abbiano deciso di schierarsi; non sappiamo quali eventuali vantaggi ci si aspetta dagli esiti del conflitto, né quali siano le strategie militari. Non sappiamo neppure (se non in minima parte) come si stiano svolgendo le operazioni militari e gli esiti di ogni azione. Per conoscere a fondo queste cose bisognerà attendere anni, confidando nel lavoro minuzioso degli storici che si dedicheranno a ricostruire pazientemente ciò che oggi non ci è dato sapere.

Per il momento dobbiamo sorbirci Silvio “Bunga-Bunga” Berlusconi addolorato per lo stimato collega, La Russa che parla di pace, e Frattini che farfuglia come sempre qualcosa di indistinto. Peraltro non credo ci si possa fidare neppure di Sarkozy o di Obama visto che i loro piani non li spiattelleranno certo in una conferenza stampa.

Con questo non voglio dire che i reporter non stiano almeno provando a fare il loro lavoro, né che si debba rinunciare a farsi un’idea il più possibile aderente alla realtà.

Per questa ragione chiedo a chi si fosse imbattuto in questo post, di linkare in un commento le fonti cui attinge per tenersi aggiornato in questi giorni. Insieme si potrebbe provare a raggranellare informazioni più complete ed attendibili.

Intanto voglio consigliare a chi passa di qui, di seguire il programma radiofonico “Caterpillar” (dal lunedì al venerdì su radio2 dalle 18 alle 19.30 e in podcast quando volete) che, come sempre ha fatto in circostanze analoghe, sta fornendo un bell’esempio di ciò che dovrebbe essere un servizio pubblico d’informazione.

5 pensieri su “Non mi fido

  1. Condivido il tuo articolo. Sono confusa, penso che la guerra è una sconfitta e mai una soluzione però nel mio intimo penso anche che il mondo senza Gheddafi al potere sarebbe migliore.
    Grazie per la segnalazione radiofonica. A quell'ora quando posso acolto Cruciani su radio 24 che un po' mi fa ridere ma altre volte è proprio sgradevole

  2. insomma, in sostanza, la nuova società non era solo e soltanto male (anche se molto male lo sta facendo ancora oggi) perché comunque offriva potenzialità enormi, mai viste né sperimentate, confermate dall’evidenza e dalla concretezza del reale. ed anche perché, comunque, permetteva anche soltanto ai contadini di rendersi conto della loro disperata situazione e dei diritti che anch’essi meritavano.

  3. Non so di che parte dell'Italia tu sia, ma col digitale terrestre credo non sia un problema potersi collegare alla RSI, ovvero alla Radiotelevisione della Svizzera Italiana. (altrimenti guarda il sito, possiedono un pod-cast: http://www.rsi.ch )

    Ti consiglio i programmi di approfondimento, invitano degli esperti di economia e politica, fanno collegamenti con gli uffici di strategia militare svizzera o europea, scelgono di invitare delle persone che nei paesi di guerra c'erano state fino a poco prima, proprio per avere delle informazioni le più veritiere possibile sulla situazione che altrimenti viene modificata a piacimento dal controllo dei media. Preferiscono chiedere l'informazione agli esperti, piuttosto che attenersi strettamente alle informazioni mediatiche.

    Non sono informazioni fresche da reporters di guerra, però sono comunque in grado di fare una buona analisi della situazione senza essere di parte, probabilmente geneticamente derivata da secoli di neutralità 😉

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